Qual è il tuo primo ricordo di Radio Deejay? Così, questa mattina il Trio Medusa ha aperto, facendo girare questa domanda tra i componenti di “Chiamate Roma Triuno Triuno”.
Voglio rispondere anch’io, tramite il blog. E’ il ricordo dei ricordi, il momento dei momenti, quell’ascolto che ti fa accorgere che esiste la radio parlata, e che ti fa pensare che in fondo quello sarebbe (sogno mai realizzato concretamente).
Questo pomeriggio torna il Deejay Time, quello con Albertino, Fargetta, Molella e Prezioso. Ma io voglio parlare dell'”altro” Deejay Time, quello col personaggio che dal 2005 a Radio Deejay è innominabile (sulla carta lo è pure a 105 da maggio 2019).
E’ il 22 dicembre 1998 – poche ore dopo la musica vivrà l’improvvisa scomparsa di Feiez, ma questa è un’altra storia, e io torno a casa in versione catorcio febbricitante. Se non mi rimetto, non si parte per Natale, e i miei non la prenderanno bene.
Accendo la radio a caso, mi metto morente nel letto, e comincia la magia. E’ il Deejay Time con DJ Giuseppe, che poi all’epoca era Giuseppe e basta. Il mito di Albertino l’avrei coltivato quasi immediatamente, perché ho amato un genere, perché sono stato un “amico della cassettina”, perché le Deejay Parade compilation le ho sempre prese tutte.
Nessuno ha saputo farmi appassionare ad una classifica come Albertino, ma il mattatore, l’ispiratore, la componente principale dell’essere perfetto che sarei diventato – all’epoca ci credevo davvero – era Giuseppe. Le altre anime che in teoria mi avrebbero reso il numero 1 al mondo erano Albertino – appunto – e Gigidag.
Con Giuseppe ho scoperto il primo modo di fare battute non esattamente corrette, specie se rapportate al mondo attuale, e irriverenti. Immaginate cosa accadrebbe oggi se ci fosse il pubblico in studio ed a “Battere le mani a tempo”, venisse aggiunta la battuta “Le donne battere di più”. Immaginate cosa accadrebbe oggi a seguito della sfilza di doppi sensi tirati fuori dal “Testicolo”
Quel programma, tutta quella Deejay, compreso Bertallot che a 13 anni mi sembrava “per vecchi e fuori contesto”, mi ha aperto le porte su un mondo che avrei voluto vivere “da dentro” ma che oggi continuo ad ascoltare ed osservare con la stessa passione del ragazzo “pane e radiolina” di una volta. Anche se non c’è stata nessuna “Reunion” – termine che Giuseppe in qualche modo ha sofferto – resta il fatto che per me la prima radio parlata sono stati questi due.
Stefano Beccacece