Justin Timberlake – The 20/20 Experience 2 of 2: recensione in anteprima

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Justin Timberlake è tornato, eccome se è tornato. A pochi mesi dall’uscita di The 20/20 Experience, disco che l’ha riportato al successo dopo anni di silenzio, il crooner del pop più famoso del mondo ha deciso di regalarci un secondo capitolo carico di energia e, soprattutto, di ottima musica. Già, perché Justin è un artista maturo, completo, talentuoso e con le idee ben chiare in testa.

Questi ultimi 7 mesi sono dunque serviti per mettere a punto The 20/20 Experience 2 of 2, album ancora più sfacciatamente piacione del primo, che trascina l’ascoltatore in un vortice irresistibile di r&b misto a pop prodotto in maniera certosina e maniacale da Timbaland, suo mentore, che ha fatto un lavoro eccezionale: quest’accoppiata è riuscita quindi a partorire pezzi dal grandissimo potenziale commerciale, come per esempio Gimme What I Don’t know (I want), True blood (che pecca però di un finale troppo strascicato), Amnesia e Cabaret (con la collaborazione di Drake), che rappresentano un vero e proprio salto nel passato in un genere ormai contaminato dalla dilagante house music; uno dei maggiori pregi del disco, inoltre, è quello di non lasciare mai spazio alla noia, dato che potenzialmente ogni canzone potrebbe diventare una hit, come nel caso della bellissima TKO, naturale continuazione di Mirrors.

Ovviamente, Timberlake non si lascia sfuggire nemmeno un po’ di funky, genere presente nel suo repertorio fin dai tempi di Justified, che in questo disco si apprezza soprattutto in pezzi come Take back the night, nel quale chitarra e trombe anni settanta accompagnano splendidamente il suo tanto amato falsetto, oppure nella romantica (ma smielata) You got it on; apprezzabilissimo è anche il recupero dell’indian tabla e del sitar in Murder, pezzo estremamente trascinante (impreziosito dal featuring di Jay-Z) con il quale Timbaland ha voluto rendere omaggio ad alcune sue hit storiche (vedasi Get Ur Freak On e We Need a Resolution con Missy Elliott e Aaliyah).

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Quando poi i giochi sembrano fatti, Justin cambia le carte in tavola e tira fuori un brano dal sapore country come Drink You Away, simpatica dedica ad una ragazza che non riesce a dimenticare nemmeno con l’aiuto del rum dei peggiori bar di Caracas (I’ve tried Jack, I’ve tried gin, I’ve tried all of them in, I can’t drink you away, All these rocks, I can’t swim out of this skin, oh baby them say); in chiusura del disco arriva infine il raffinato soul di Only when I walk away, giocata sul dialogo fra beat hip hop e violini (verso il finale la canzone intraprende una via rockeggiante, con scarso successo) e Not a bad thing, ballatona pop piazzata lì come una Irreplaceable di una Beyoncé qualunque. Di gran lunga migliore, ad essere sinceri, risulta essere la ghost track Pair of Wings, che rivela la passione del cantante per un certo cantantautorato americano di nicchia ben distante dalle classifiche.

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Qual è, per concludere, il difetto di fondo di questo disco? Noi abbiamo notato un velo di presunzione, che rende alcuni dei pezzi, dai finali eccessivamente lunghi e fintamente ricercati, un po’ troppo autoreferenziali. Per il resto, possiamo dire che The 20/20 Experience 2 of 2 ci ha decisamente soddisfatti.

justin timberlake cover disco

 

Tracklist

01 Gimme What I Don’t know (I want)

02 True Blood

03 Cabaret

04 TKO

05 Take back the night

06 Murder

07 Drink Yoy Away

08 You got it on

09 Amnesia

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10 Only when I walk away

11 Not a bad thing

 

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