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In queste righe – è giusto precisarlo – non si proporrà alcuna lezione, o alcun modo di agire. Si cercherà di porre una domanda agli addetti ai lavori ed agli ascoltatori.
Siamo appassionati – in particolare chi scrive – e le eventuali e fugaci esperienze radiofoniche avute in passato, non ci mettono al pari dei professionisti. Di radio, però, durante l’anno ne “consumiamo”, tanta, e la notizia della tragedia del Ponte Morandi non è la prima ad essere giunta mentre le radio trasmettevano contenuti allegri e talvolta frivoli.
La sensazione è che non ci sia un modo di agire “esatto”, “standard”, anche perché oggi è molto più semplice l’iterazione fra chi ascolta e chi è in diretta. La critica è sempre dietro l’angolo, con qualsiasi scelta venga adottata.
Alla vigilia di ferragosto, le radio propongono una programmazione che dev’essere incline allo spirito leggero e vacanziero che il periodo richiede. Questo articolo ci è stato suggerito dall’ascolto del mezzo radiofonico nelle ore immediatamente successive al crollo del ponte, e non c’è dubbio che argomenti, scalette, allegria simulata o spontanea che fosse , siano stati influenzati da quanto stava accadendo. E immaginiamo che fuori dall’onda in questi casi si cerchi un modo per trattare l’argomento senza commettere sbavature, errori o cadute di stile.
1: diamo per scontato che evitare di trattare questo tipo di attualità è da escludere, perché si darebbe l’impressione di insensibilità e/o di codardia;
2: limitarsi ad esprimere vicinanza ai parenti e cordoglio per le vittime per poi passare all’intrattenimento, potrebbe portare all’accusa di voler sbrigare la pratica. Abbiamo capito che è fondamentale curare al massimo la transizione dalla parentesi seria alla prassi quotidiana, anche perché qualcuno sicuramente pretenderà che lo speaker – chiamato a svolgere il proprio lavoro – si sostituisca alla redazione, la quale può essere chiamata in causa in qualsiasi momento;
3: se invece ci si dilunga, c’è il rischio di essere tacciati di cercare l’applauso, di essere populisti o di volersi occupare di qualcosa che spetta all’informazione, ai giornalisti;
4: c’è poi, infine, la scelta che porta a critiche non da uno, a da due fronti. Ci sono programmi che in caso di calamità come il terremoto di due anni fa nel centro-Italia – hanno deciso di mettere da parte contenuti, scalette e varie amenità per diventare trasmissione di informazione, servizio, e strumento per veicolare messaggi dalle – e per – le zone interessate dall’evento.
In questo caso si lamenta sia il tipo di ascoltatore descritto nel punto 3, sia coloro che vorrebbero che il programma di intrattenimento intrattenesse e basta. E allora si torna al punto di partenza: come dovrebbe comportarsi la radio “leggera” in questi casi?
Stefano Beccacece (On Twitter @Cecegol)