Mika – No Place in Heaven: la recensione

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Premessa: questa è una pesante stroncatura del disco di uno degli artisti più apprezzati in circolazione. Mika, che ha appena fatto uscire il suo nuovo album No Place in Heaven, è infatti di recente diventato una superstar in Italia più di quanto non lo fosse in passato, grazie ovviamente alla sua strabordante presenza sul palco di X Factor in qualità di giudice. Già, quello stesso palco dove ha portato allo sfascio diversi dei suoi pupilli sminuendo le loro capacità con scelte dubbie e distruggendo, allo stesso tempo, gli altri concorrenti con le sue frecciatine al vetriolo. Se attraverso questa premessa avete intuito che inizio a non soffire più l’artista di Love today, ebbene sì, ci avete azzeccato.

Attenzione però: tengo a sottolineare che se una canzone mi piace, o se una canzone ha delle valide ragioni di esistere (che ne so, un testo profondo e ricercato, sempre apprezzato) ammetto tranquillamente i pregi anche del mio peggior nemico: a questo proposito, per esempio, ho trovato l’album del rapper Briga tutt’altro che osceno. Ma questa è un’altra storia.

Tutto il quarto album di Mika si potrebbe riassumere con l’aggettivo, “stucchevole”. Mika, il re dei falsetti e dei balletti, ha voluto colorare il suo mondo incantato e paillettato con testi neanche troppo velatamente autocelebrativi che spesso sfiorano il ridicolo. Se fino ad oggi si era dilettato con un pop scanzonato e molto orecchiabile spruzzato di elettronica (ascoltatevi, se non la conoscete, la stupenda Elle me dit) adesso l’artista libanese si è dato ad un inedito mix di testi vagamente impegnati accompagnati da melodie scanzonate ma mai particolarmente rilevanti. L’unica vera eccezione è forse rappresentata dal pezzo in chiusura, Boum Boum Boum, che pur parlando in modo superficiale di sesso più o meno spinto (anche in questo caso, contro ogni pregiudizio “borghese”) si lascia ascoltare anche in virtù dell’azzeccato utilizzo della lingua francese.

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Ciò che appare estremamente forzato in No Place in Heaven, in particolare, è l’ossessivo ritornare sul tema della sua diversità, dell’omofobia neanche tanto velata della sua famiglia (All she wants), del suo lato femminile (Good wife) e dell’importanza delle figure omosessuali per la sua formazione (Last party, dedicata a Freddie Mercury e Good Guys, che sarebbero i suoi eroi gay d’infanzia, WTF?); No place in heaven in questo senso potrebbe essere visto come il concept album di un artista omo che sa di essere omo e che vuole fare vedere a tutti quanto è omo. Tiziano Ferro, giusto per fare un esempio, ha fatto coming out anni fa e con la sua enorme classe non ci ha mai fatto “pesare” la sua omosessualità praticamente in nessuna canzone, anche e soprattutto in considerazione del fatto che è un qualcosa che non dovrebbe proprio più far notizia.

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Tutto questo polpettone, “a tratti” pure emozionante (Ordinary Man) alla lunga annoia, ma ciò che è ancor peggio stomaca , sfociando fra le altre cose in motivetti naif confezionati ad hoc per fastidiosi spot pubblicitari (vedasi Staring at the sun, CVD diventato colonna sonora della 3).

Insomma, dov’è finito il Mika caciarone di Grace Kelly o quello squisitamente anni ’80 di Relax Take it easy? Sparito, sepolto da un personaggio che ormai è diventato lo stereotipo di sé stesso, quella simpatica macchietta sorridente e con i denti da coniglietto che tutti difenderanno strenuamente da questa recensione stupida, offensiva e controcorrente.

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Tracklist

Talk about you
Good guys
L’amour fait ce qui’il veut
All she wants
Last party
Le baisers perdu
No place in heaven
Staring at the sub
Hurts
Boum boum boum
Hurts
Good wife
J’ai pas envie
Oh girl you’re the devil
Ordinary man
Rio
Promiseland
Porcelain

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