Madonna – Rebel Heart: recensione

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C’era una volta…”Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta una regina, questo almeno sulla carta, che si chiamava Louise Veronica Ciccone. Perché mai iniziare la recensione di Rebel Heart, l’ultimo disco di Madonna in maniera così inaspettata? Beh perché tanto tempo fa, quando ero al liceo, lessi l’incipit del tema di una mia compagna di classe e rimasi affascinato dal fatto che avesse iniziato a parlare di dei e templi greci quando l’argomento era, probabilmente, l’inquinamento atmosferico: l’effetto sorpresa le valse sicuramente un votone, mentre io non uscivo mai dal seminato e mi prendevo fisso dei tristissimi 6+ .

Questa volta ci ha provato anche la regina del pop mondiale a stupire tutti, centellinando indizi qua e là sui social per mesi, fra selfie su Instagram e hashtag a cazzo, per poi venire spudoratamente sputtanata da un gruppo di hacker maledetti a più di 5 mesi dall’uscita ufficiale del suo 13o studio album: una dopo l’altra, tutte le canzoni sono state rese pubbliche, alcune in versione demo altre in versione ufficiale, mandando totalmente all’aria un’operazione di marketing da migliaia di dollari e facendo perdere gradualmente interesse nel progetto, smorzando piano piano la curiosità dei fedelissimi madonnari che già conoscono Rebel Heart a memoria dallo scorso novembre.

Quanto ha contribuito il leak (termine osceno, messo volutamente in corsivo) a modellare il mio giudizio sul disco? Abbastanza, ma non in maniera così evidente da snaturarlo del tutto, perchè se c’è musica buona, se ci sono idee e originalità, un pezzo/disco può essere eccelso o una ciofeca a prescindere. Rebel Heart, nella sua magniloquenza (che, fra l’altro, è un termine magniloquente) sta nel mezzo, a metà strada fra quello che io chiamo discone e il compitino di una popstar di professione, che conosce bene il suo pubblico e l’influenza che può avere su di esso. Un ascendente fortissimo che ha sempre conquistato anche il sottoscritto, pop inside per quanto tenti con scarsi risultati di fare l’hipster.

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Rebel Heart si costruisce su tre grandi tematiche: la sofferenza, quella della popstar ferita dalle critiche (Joan of Arc) e della donna delusa e colpita da tormenti d’amore più o meno metaforici (Heartbreak City, il secondo singolo Ghosttown); in secondo luogo la costante idiosincrasia fra sacro e profano, in un gioco che a volta suona come puro divertimento (Holy Water, dove con water si intendono gli umori vaginali, sì, avete letto bene) altre invece funziona e crea ballate interessanti e sinceramente spirituali (Messiah, Wash all over me); in terzo luogo c’è la costante autocelebrazione del personaggio Madonna, regina, cagna, stronza, chiamatela un po’ come vi pare (Unapologetic Bitch, Bitch I’m Madonna) capace di conquistare più per le basi iper prodotte che per la profondità dei testi. In quest’ultimo gruppo di canzoni, in ogni caso, spiccano l’originalità di due pezzi come Veni Vidi Vici (collaborazione con Nas, sempre sia lodato) e soprattutto Iconic, che indubbiamente convince fin dal primo ascolto e dovrebbe diventare un singolo.

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Sempre a proposito di produzioni, occorre ora precisare che Madonna si è fatta accompagnare in questo lungo viaggio (spesso un po’ caciarone) dai due signori dell’EDM mondiale Diplo e Avicii, il primo dallo stile più urban e il secondo maggiormente euro-pop, capaci di confezionare i tre pezzi in assoluto più belli dell’album: sto parlando dell’eccelso singolo di lancio Living for love, una Like a prayer 2.0 con i BPM raddoppati, la fulminante Illuminati e infine Devil Pray, un inno anti-droga costruito su un’apparente base country che solo successivamente sfocia in una deep house morigerata e straniante. Preferisco stendere dieci veli pietosi invece sui pezzi palesemente aggiunti al disco per far numero, dall’imbarazzante S.E.X. (oh mio dio, sono tutta bagnata, ci muoviamo avanti e indietro fino a rompere il letto) alla scanzonatissima seppur piacevole Hold Tight, liberamente ispirata al flop di Baby don’t lie di Gwen Stefani.

Madonna chiude idealmente il disco con il suo Rebel heart, parlando del suo difficile stare al mondo e della lotta contro le catene e le convenzioni, dimenticandosi però che è ormai da anni imprigionata in una groviglio di idee e intenzioni che non riescono mai a concretizzarsi al 100%, finendo poi per scadere nella ricerca della moda del momento (parlo dello scadente Hard Candy, che cavalcò l’onda rap del 2007/2008) e in una serie di dischi (MDNA) che come quest’ultimo sono pieni di tracce riempitive e di pochi veri capolavori.

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Questo significa che è arrivato il tempo per Madonna di ritirarsi, coprirsi il culo e rendersi conto che è finalmente arrivata l’età pensionabile? Anche no, credo che abbia ancora diverse cartucce da sparare, soprattutto vista e considerata la cazzimma che tuttora la contraddistingue, l’irresistibile strafottenza di una regina perfettamente consapevole del ruolo che svolge nel pop mondiale. Arrivata a questo punto le basterebbe solo un po’ di coraggio in più, un po’ come quello che mancava a me quando ero alle superiori e mi sforzavo a scrivere i saggi brevi. Anche per Madonna, anche per questa volta, il voto finale è un deludente dal 6 al 7.

 

Madonna_-_Rebel_Heart_(Official_Album_Cover)

Tracklist

1. Living for Love
2. Devil Pray
3. Ghosttown
4. Unapologetic Bitch
5. Illuminati
6. Bitch I’m Madonna (feat. Nicki Minaj)
7. Hold Tight
8. Joan of Arc
9. Iconic (feat. Chance the Rapper and Mike Tyson)
10. HeartBreakCity
11. Body Shop
12. Holy Water
13. Inside Out
14. Wash All Over Me
15. Best Night
16. Veni Vedi Vici (feat. Nas)
17. S.E.X.
18. Messiah
19. Rebel Heart

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