Katy Perry – Prism: recensione

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Orsetti gommosi, arcobaleni e tante nuvolette morbidose: nel suo precedente disco Teenage Dream, Katy Perry ci aveva accompagnati (o forse ossessionati) con il suo candy pop per mesi, sfornando un singolo spacca classifica dopo l’altro. Cosa c’è di male a voler portare un po’ di gioia al mondo, direte voi? Niente, per carità, se non fosse che dietro l’angolo ci sono una serie di squinzie pronte ad oscurare completamente la sua musica. Teniamo a sottolineare che non stiamo parlando delle scosciate Lady Gaga o Rihanna, ma di artiste ben più raffinate, come l’eccezionale Lorde, la tormentata Birdy o l’eclettica Janelle Monae.

Cosa avremmo dunque dovuto aspettarci da Prism, il quarto disco in studio dell’interprete di “I kissed a girl”? Noi non siamo mai stati cosi naïf da pensare che quest’album si sarebbe imposto come un punto di svolta per la sua carriera: con un velo di presunzione, abbiamo infatti potuto trarre le nostre conclusioni già dopo il primo ascolto del singolo di lancio Roar, piacevolissimo plagio (si,si, proprio p-l-a-g-i-o) di Sara Bareilles. Se è dunque vero che non si ha mai una seconda possibilità per fare la prima impressione, Prism non fa certo eccezione.

Il quarto disco di Katy Perry è fondamentalmente il disco pop perfetto, perché possiede tutte le caratteristiche che gli permetteranno di farsi apprezzare da un’ampia, o magari enorme, fetta di pubblico: in esso troviamo la ballata romantica, estratta come secondo singolo in linea con i cliché del genere (Unconditionally), la canzone del – sono come sono, prendere o lasciare- (This is how we do), i pezzi discotecari (Walking on air)…e chi più ne ha, più ne metta.

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Quello che manca, perdonateci la frase da Amici di Maria, è l’anima: pezzi già stra sentiti come Happy Birthday (notare la chitarra funky identica alla hit Last Friday Night) o le uptempo romantiche (Ghost, pezzo estremamente dozzinale prodotto dal fidato Max Martin) palesano l’esistenza di una potentissima macchina commerciale dietro al disco, al quale la Perry ha sostanzialmente prestato la voce.

In questo iride pop le uniche sfumature vagamente interessanti sono quelle più tetre, come nell’hip hop di Dark Horse, o quelle più sgargianti, come nella sorprendente e schizofrenica Legendary Lovers, che accosta i ritmi indiani a un’azzzardatissima (ma incredibilmente efficace!) melodia folk alla Mumford & Sons.
Cosa resta dunque all’ascoltatore dopo aver passato in rassegna tutti i pezzi del disco? Tante belle canzoncine orecchiabili che, poco dopo, lasciano spazio soltanto ad un grande vuoto musicale. Katy Perry deve crescere, altrimenti tutto questo zucchero, alla lunga, ci farà venire una brutta carie.

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Tracklist

1. Roar
2. Legendary Lovers
3. Birthday
4. Walking On Air
5. Unconditionally
6. Dark Horse (featuring Juicy J)
7. This Is How We Do
8. International Smile
9. Ghost
10. Love Me
11. This Moment
12. Double Rainbow
13. By The Grace Of God

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