
Gruppo alfiere dell’heavy metal più virato verso il progressive (che negli anni trovò molti imitatori fino al conio del termine prog metal) gli Iron Maiden partono in realtà con velleità puramente hard rock. Corre il 1980 (ma i nostri esistevano già da 5 anni) quando arriva nei negozi uno strano disco, con sonorità dure ma molto particolari e una copertina immediatamente riconoscibile grazie al logo e a una spaventosa mascotte horror (che prenderà il nome di Eddie). Il disco si intitola Iron Maiden e contiene già alcuni tra i futuri classici della band (il brano omonimo e la live-party song Running Free).
La lineup del gruppo è già definita ma il cantante è ancora Paul Di’Anno, così come nel 1981, anno d’uscita di Killers, disco sulla falsariga del primo, con altri classicissimi del gruppo come Wrathchild e Murders in the Rue Morgue. Durante il tour le intemperanze e gli abusi del cantante inducono il gruppo a licenziarlo, rimpiazzandolo con una scelta felicissima, quella di Bruce Dickinson.
Dotato di voce acuta e cristallina, Dickinson dà immediatamente un tratto distintivo al sound degli Iron, il cui nome – ricordiamolo – viene dallo strumento di tortura omonimo (“vergine di Norimberga” in italiano). Segue quello che a tutt’oggi è forse il disco-simbolo degli IM: The Number of the Beast, col quale il gruppo entra nel mito. IL pezzo omonimo è un vero inno heavy metal e tutti ne conoscono l’intro a memoria. Anche Piece of Mind, Powerslave e Somewhere in Time (con il suo inno live Heaven can Wait, che la band usava cantare con il coro di tutta la crew, tecnici compresi), sono successi clamorosi, ma è con Seventh Son of a Seventh Son del 1988 che gli IM conoscono anche il successo commerciale al di fuori dell’hard rock, consacrandosi come gruppo-simbolo della metal wave britannica.
I due dischi successivi, pur leggermente sotto il livello dei precedenti, consolidano il seguito dei nostri, che però nel 1993 vivono lo choc dell’abbandono di Dickinson, rimpiazzato da Blaze Bayley, a quattro anni esatti dal primo choc dell’abbandono di Adrian Smith, rimpiazzato già dal chitarrista Janick Gers. Lo zoccolo duro dei fan continua a seguirli ma il pubblico non capisce, e ci vuole il 1999 per vedere il ritorno di entrambi i membri storici, assieme all’entusiasmo del seguito degli Iron.
Brave New World festeggia l’evento, e seguono altri tre dischi, fino al pluripremiato The Final Frontier del 2010, per un gruppo in piena attività e al culmine della popolarità.
Componenti storici della band
Paul Di’Anno – voce (fino al 1981)
Bruce Dickinson – voce (1981 – 1993, 1999 – presente)
Dave Murray – chitarra (1976 – presente)
Adrian Smith – chitarra, cori (1980 – 1990, 1999 – presente)
Janick Gers – chitarra (1990 – presente)
Steve Harris – basso, cori, tastiere (1975 – presente)
Nicko McBrain – batteria, percussioni (1982 – presente)
Discografia
1980 – Iron Maiden
1981 – Killers
1982 – The Number of the Beast
1983 – Piece of Mind
1984 – Powerslave
1986 – Somewhere in Time
1988 – Seventh Son of a Seventh Son
1990 – No Prayer for the Dying
1992 – Fear of the Dark
1995 – The X Factor
1998 – Virtual XI
2000 – Brave New World
2003 – Dance of Death
2006 – A Matter of Life and Death
2010 – The Final Frontier
Discografia solista Bruce Dickinson
1990 – Tattooed Millionaire
1994 – Balls to Picasso
1995 – Alive in Studio A
1996 – Skunkworks
1997 – Accident of Birth
1998 – The Chemical Wedding
1999 – Scream for Me Brazil
2001 – The Best of Bruce Dickinson
2005 – Tyranny of Souls