Giovanni Allevi dice che Beethoven non aveva ritmo e scatena il festival dell’ipocrisia

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Giovanni Allevi dice che Beethoven non aveva ritmo e lo paragona a Jovanotti. La notizia è di ieri, ma è oggi che si sta sviluppando la polemica vera, dura, come molto spesso capita a un protagonista da sempre maldigerito dalle lobby purista della musica classica, che lo accusano di svilirla e commercializzarla.

E il pianista non limita a questo. Alla conferenza stampa del Giffoni Film Festival lui, mai banale, osa aggiungere che i bambini non amano Beethoven perché non ha ritmo (mentre Jovanotti ce l’ha) e che si rischia che le giovani generazioni cancellino la musica classica (ma poi aggiunge che mai come ora si assiste a un culto nei confronti dell’arte passata).

Inutile dire che il web si è scatenato in ironie varie, tra le quali segnaliamo la gustosa vignetta con Beethoven alla guida di una Fiat Ritmo che esclama: “invece ce l’ho, guarda!”. Concentriamoci invece sul dibattito vero e proprio.

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La realtà è che le reazioni sono improntate a un’ipocrisia spaventosa. È infatti più che risaputo che la musica classica in generale (della quale qui Beethoven è simbolo) non ha ritmo, nel senso che sì, ce l’ha, ma non è dettato da strumenti a percussione. È invece dato dall’insieme guidato da un direttore d’orchestra, con effetto ben diverso.

Un caso ben noto è il Bolero di Ravel, non per niente considerato un trait d’union tra la classica e la musica leggera, in cui il compositore francese si sforzò di ritmare (pur senza avere la batteria) il brano con risultati spettacolari. Ma ovviamente nulla del genere si registra nelle sinfonie di Beethoven o di Mozart o Dvorak, la cui presa si basa sulla melodia e sugli intrecci. Non certo sul ritmo.

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Insomma, Allevi ha detto una verità scomoda, ma pur sempre una verità. E non ha paragonato Beethoven a Jovanotti come si vuol far credere (sarebbe evidentemente stupido e ignorante farlo sul piano qualitativo) ma ha solo rilevato un aspetto evidente della storia della musica.

Quando dalla tradizione popolare nera nacque il jazz, che arrivò e sconvolse tutto un motivo ci sarà ben stato. E lo stesso effetto lo fece la nascita del rock’n’roll, che portava un ritmo “diverso”. È verissimo che i bambini essenzialmente capiscono subito il ritmo e non amano la musica classica. Proprio perché per amarla bisogna profondere uno sforzo, in quanto è più profonda della musica leggera. È un discorso che si può rapportare anche al pop stesso.

Una persona senza profondità musicale tenderà ad ascoltare solo la musica da discoteca (guarda caso, ritmata in modo ossessivo) o i motivetti facili da boy band (vedi One Direction) o il rap (anche qui un genere basato esclusivamente su ritmo e parole, senza alcuna qualità compositiva di base).

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Solo chi ami davvero la musica farà il passo successivo, ovvero sforzarsi di capire musica più difficile, che richiede più tempo, come per esempio i cantautori o il rock progressivo; o al di fuori della leggera, appunto il jazz e la musica classica.

In fondo Allevi pronunciando quella verità sottintendeva la necessità di tornare a questo sforzo, anche in un’epoca in cui di tempo non ne abbiamo. Eppure mai come ora per la propria crescita personale è necessario trovarlo per leggere un libro o ascoltare qualcosa di più profondo, come Beethoven appunto.

Qui il video del Corriere con le parole esatte usate da Giovanni Allevi.

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