Festival di Sanremo 2019: considerazioni finali

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Va premesso che il Festival di Sanremo 2019 aveva tutte le carte in regola per essere il più bello di sempre: è stato, se brutto, quantomeno opaco, un’edizione della quale tra un mese ricorderemo ben poco.

Sono arrivati ultimi Nino D’Angelo e Livio Cori, con un pezzo che – complice la parte cantata in napoletano da D’Angelo – aveva un significato importante ma non era facilissimo da seguire. In radio qualcosa può rendere.

Patty Pravo e Briga erano sulla carta il duo più improbabile possibile. Dal punto di vista dell’esecuzione – complici i problemi tecnici della prima serata – sono forse stati i peggiori. Lei è una gloria,ma del passato e lui cerca di limitare i danni. Il duetto con Caccamo eleva la qualità del brano.

Già al primo ascolto, il pezzo di Federica Carta e Shade era sembrato buono per essere una sigla da cartone animato sentimentale, poi è arrivata Cristina D’Avena e l’ha definitivamente trasformato in una possibile sigla da cartone animato sentimentale.

La genialità degli Zen Circus è stata quella di trovare un arrangiamento che trasmette la stessa ansia che traspare dal testo.

Il pezzo di Paola Turci è uno dei migliori di questo Festival, ma è stato cantato con diverse stonature: l’adattamento alle corde dell’ospite Beppe Fiorello ha permesso anche alla cantante di non sbagliare in duetto: 7 al pezzo e di stima per l’interprete.

Francesco Renga sarà ricordato per l’uscita infelice sulle voci femminili. 

Motta se ne va col premio dei duetti, senza troppi consensi all’Ariston.

Gli Ex Otago – in particolare il cantante, Maurizio Carucci – sembrano voler essere a tutti i costi i prosecutori della grande tradizione genovese.

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Ghemon a chi scrive ha a tratti ricordato Seal. Non tutti l’hanno presa bene.

Enrico Nigiotti: di un testo pieno di umanità e affetto, purtroppo resterà solo l’immagine del nonno che urina fischiettando.

Probabilmente neanche Achille Lauro crede ancora al fatto di essere arrivato nono. Piccola parentesi: avete notato che sono tornati  i Sottotono -per duettare con D’Angelo e Cori – e Valerio Staffelli ha avuto problemi con un concorrente di Sanremo? Qualunque fosse il senso del testo del trapper, noi restiamo all’antica: avrà portato un tormentone, ma per partecipare al Festival della Canzone italiana bisognerebbe saper cantare, e Achille Lauro ha la dote naturale di sviluppare gli anticorpi contro l’autotune

Arisa è stata la Dorando Pietri di Sanremo 2019: fino all’ultima sera ha sfornato esibizioni perfette e da podio, compresa quella nella quale Tony Hadley sembrava pronto per cantare “Furia” e ricalcare le orme di Mal. La febbre l’ha stravolta ed è crollata sul traguardo. Sarebbe stata da podio. Beffardamente, cantava “Mi sento bene” mentre non si sentiva affatto bene.

Irama aveva un testo importante, avrebbe anche potuto vincere, ma il suo brano svanirà: “Mary” dei Gemelli DiVersi ha lo stesso senso, ma almeno il ritornello ce lo ricordiamo tutti quindici anni dopo.

Boomdabash: è stato amore a prima vista, o meglio, al primo ascolto. Caso rarissimo.

Daniele Silvestri e Simone Cristicchi: vale lo stesso pensiero per entrambi: si sono presi i premi assegnati da chi ne capisce, anche se sembrava scontato che uno dei due finisse sul podio.

Loredana Berté: è stato il Suo Festival. Non è più il tempo di quella che minacciava di suicidarsi per reclamare attenzione. La Berté di ora l’attenzione se l’è presa, e il sostegno pure. Arriva solo quarta e per poco all’Ariston non distribuiscono i gilet gialli per alimentare la rivolta. Nel 2008 – quando venne squalificata per “Musica e parole”, la fecero esibire in duetto come contentino. Oggi a forza di tormentoni e collaborazioni vincenti vive una nuova carriera da fasti degli anni Ottanta.

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Il Volo: terzi per la fama che li precede ovunque vadano. Si dice che risulterebbero gradevoli pure se cantassero la lista della spesa. Ecco l’importante è non arrivarci davvero. Nel 2015 vinsero con un testo altamente emotivo, ma stavolta hanno eseguito bene l’ovvietà.

Ultimo: non vince e ora possiamo dirlo, meno male. Parte illudendo di avere una canzone alla Sergio Cammariere, per poi finire con l più commerciale Tiziano Ferro. Ditegli che i pezzi alla “ad Amsterdam non ci importava della pioggia che cadeva”, esistono già.

Mahmood: a dicembre – a Sanremo Giovani – s’era capito che aveva qualcosa di diverso, un timbro particolare. Alla prima esibizione forse l’abbiamo tutti considerato poco, perché se ci si concentra sul tormentone “soldi”, si rischia – aggiungendo qualcosa come “Io voglio Wi-Fi” – di scambiarlo per Bello Figo. Dietro al ritmo coinvolgente e alla parolina da canticchiare, c’è uno spaccato di vita famigliare desolante. Va detto però che questo è stato, si può dire?, un Sanremo di livello medio-basso. In un Sanremo normale “Soldi” si sarebbe piazzata a metà classifica accontentandosi della palma di tormentone dei mesi successivi. Non parliamo poi di quel che sarebbe successo se la canzone fosse stata presentata in edizioni superlative come quelle del 1994 o 1995. Ma in fondo Sanremo 2019 è stato coerente: ha voluto essere moderno e sdoganare la trap, e ha vinto un pezzo moderno che fra gli autori ha Charlie Charles. Far vincere qualcosa di troppo sanremese avrebbe avuto poco senso. Vince dopo essersi aggiudicato la gara dei giovani, anche se allora si era svolta con le “nuove proposte” del festival, come Annalisa Minetti nel 1998.

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Bisio, Raffaele: i momenti comici fra i conduttori hanno rallentato il Festival, considerando che il direttore artistico Baglioni pareva spesso un pesce fuor d’acqua. Bisio è abituato a condurre, mentre la Raffaele no. Entrambi si sono espressi al massimo quando hanno potuto fare ciò che sanno fare meglio: Bisio nel duetto con la Hunziker – l’intesa tra i due è invariata – e la Raffaele nella “Carmen”. Patetiche le gags della prima serata il cui unico concetto era: “Ci chiamiamo tutti Claudio”

Ospiti, la parte migliore del Festival: lo scopo era far venire solo gente che volesse promuoversi e non fosse pronta ad arrivare dall’estero assetata di denaro: su questo fronte Baglioni ha stravinto. Giorgia, Elisa e Serena Rossi hanno commosso. Bocelli senior nella prima serata ha insegnato come si fa anche ad alcuni artisti in gara. Poi certo, Pio e Amedeo  sono stati la ciambella venuta senza il buco.

Ornella Vanoni merita una citazione a parte: in una kermesse bloccata, lei è arrivata e fa saltare gli schemi.

Claudio Baglioni  ha fatto capire che quella di ieri è stata la sua ultima apparizione come conduttore del festival.  Per il futuro c’è bisogno di qualcosa di diverso rispetto alla sua onnipresenza. Ha condotto almeno una edizione più che discreta, ma forse è il momento che il festival si rigeneri.

Ma ora, appuntamento al 2020: Sanremo 2019 è finito. Ascoltate in pace. Amen.

Stefano Beccacece (On Twitter @Cecegol)

 

 

 

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Stefano Beccacece nasce nel 1985 a Torino. Sino a pochi anni fa poeta - ha pubblicato due raccolte tra il 2006 ed il 2010 - ora fa prevalentemente il blogger. Dal 2012 scrive di calcio e mass media. Su Radiomusik potete leggerlo prevalentemente nella sezione "Radio News".