Sonar Festival 2013: Kraftwerk, C2C e Skrillex (recensione day 1-2)

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Quest’anno al Sonar Festival 2013 di Barcellona vantiamo un inviato di lusso, noto al pubblico del web come Chissenefrega (qui trovate il suo blog). Ecco la prima parte (di due) del suo report su uno degli eventi più interessanti più interessante dell’estate, con le recensioni tra gli altri dei live act di Kraftwerk e Skrillex.

Presentazione

Barcellona è una città vibrante, fibrillante e vitale in ogni periodo dell’anno, ma durante la settimana centrale di giugno diventa la metropoli del divertimento e delle scoperte musicali più trendy, dove puoi immergere orecchie, corpo e mente nella musica del futuro e lasciarti inebriare dalla magia del Sonar (e, invero, delle centinaia di party satellite denominati “Off” che, negli anni, ne hanno eguagliato la qualità e l’attrattiva). Dopo il sold out dell’anno scorso con centomila presenze, il festival internazionale di “advanced music and new media art” (non chiamatela musica elettronica o – peggio ancora – EDM) festeggia il suo ventesimo compleanno regalandosi una nuova location per l’edizione giornaliera.

Trasloca, infatti, il Sonar By Day, dagli spazi meravigliosi – ma non eccessivamente capienti – del MACBA nel Raval, ai palazzi più freddi ma comodi della Fira Montjuïc, affacciati sulla suggestiva cornice di Plaça d’Espanya. Quattro palchi, di cui due su prati di erba sintetica come da tradizione destinati a concerti e dj set (Village e Hall: i principali per artisti di maggior richiamo; Complex: per le performance più ricercate; Dome: sponsorizzato da una nota bevanda che mette le ali è il palco più coraggioso e spesso più sorprendente), una sala cinema dedicata a proiezioni di opere multimediali e una grande area demo denominata Sonar D+, dove aziende produttrici di hardware/software musicale presentano al pubblico i loro prodotti ed etichette più o meno indipendenti incontrano i professionisti del settore.

La “venue” notturna, il Sonar By Night, invece, rimane nella collocazione storica della Fira Gran Via, fuori dal centro città: anche qui quattro palchi (Club, Lab, Pub, Car) di cui due all’aperto, la immancabile pista con gli autoscontri dove fare esperienze mistiche, e una immensa area pronto soccorso perché, diciamolo, qui se ne vedono veramente di tutti i colori e non tutti riescono ad uscire dal festival sulle proprie gambe.

Day 1 – 13 giugno

E’ mezzogiorno. Attraversiamo Plaça de Espanya e ci lasciamo alle spalle le sue due strampalate riproduzioni del campanile di San Marco. Ci dirigiamo, non senza una certa emozione, nella nuova sede del Sonar. Il MACBA era senz’altro un luogo straordinario (gli anni scorsi nel prezzo del biglietto era compresa anche la visita al museo di arte contemporanea, uno straordinario alibi per fare cultura quasi “occulta”, alla faccia di chi pensa che una manifestazione del genere sia dedicata solo ad ubriaconi decerebrati e tossici), ma i capannoni della fiera cittadina non sono così austeri ed impersonali come ci eravamo prefigurati. All’ingresso la “catena di montaggio” stupisce come sempre: la vigilanza ti perquisisce, poi un addetto del Sonar ti scannerizza il biglietto, un secondo ti infila il bracciale che ti garantisce l’accesso a tutte le “venues”, un terzo addetto ti stringe il bracciale intorno al polso, e il quarto dà una sforbiciata all’eccedenza di nastro. Mentre ragioniamo sulla disoccupazione in Spagna ci avviamo ad esplorare la nuova location (in realtà stiamo localizzando il bar per scolarci la prima birra della giornata. Voi non ditelo a nessuno, però).

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La line-up del giovedì pomeriggio non fa mai veramente impazzire e le presenze sono sempre inferiori rispetto agli altri due giorni in cui il festival si riserva – giustamente – le sue migliori cartucce. Quella del giovedì è una specie di anteprima, un incontro conoscitivo, un assaggio dell’atmosfera, un appetizer che ti apre lo stomaco in attesa della scorpacciata che verrà.

Rifocillati con un trancio di pizza e una birra alla modica cifra di 10 euro, siamo finalmente pronti a buttarci nella mischia. In verità alcuni spazi sono ancora in allestimento e sui palchi il soundcheck va per le lunghe. Approfittiamo per fare un giro al Sonar D+ dove veniamo coinvolti in una competition musicale. Vinciamo un premio di consolazione, ovvero una foto pubblicata sul profilo Twitter di un noto produttore di tablet (sticavoli!). Al Village parte la festa: apre le danze la deejay barcellonese Tutu che gioca in casa e si farà ricordare più per le sue grazie che per il talento dietro ai piatti. Nel frattempo al Dome parte quello che si rivelerà il dj set più interessante del pomeriggio. I Cassegrain, un dj tedesco ed dj un greco, mettono in scena una coinvolgente contaminazione a quattro mani di suoni squadrati e groove etnici. Germania e Grecia saranno agli antipodi dal punto di vista economico e sociale, ma l’improbabile sodalizio musicale si rivela a dir poco perfetto. Sarebbe interessante sentire l’opinione della Merkel in merito.

Al Village Fantastic Mr. Fox propone la sua dub raffinata: la voglia di ascoltarlo non manca ma il sole spacca le pietre (e anche un po’ l’erba sintetica). Ci rifugiamo al coperto con una bella Redbull fra le mani: il palco della bibita che mette le ali offre il divertente live di Jesse&Jimi Tenor. Una specie di mix norvegese tra i Chemical Brothers e Raffaella Carra’. Evitiamo come la peste i Gluteus Maximum: deejay in canottiera da muratore e una deep house da balera gaia. L’alternativa è dentro al Palau de Congressos dove assistiamo a un paio di demo di mixer audio-video che farebbero gola a ogni veejay che si rispetti. Usciamo nuovamente: l’elettronica organica di Gold Panda ci mette un po’ a carburare: ma quando le sonorità si aprono diventando meno cupe e più spiaggiarole, il pubblico accaldato delle sei del pomeriggio, giustamente, esplode. Dopo un’ora il popolo del Sonar Village è caldo più che mai e pronto ad accogliere la star del pomeriggio, il guru dell’elettronica francese Sebastian Tellier. Il suo live è funestato da grossi problemi di audio e il pubblico risponde non troppo entusiasticamente.

Avvertiamo un calo di carboidrati: necessitiamo di rifocillarci e sederci un attimo. Dopo un discreto beef burger accomodiamo le stanche membra sulle morbide poltrone del Complex. Francesco Tristano, giovane pianista lussemburghese di chiare origini nostrane propone la cosa indubbiamente più originale e ricercata sentita oggi. Nel suo “Piano 2.0 solo show” smonta quasi letteralmente un pianoforte e destruttura i suoni di synth ricostruendone gli arpeggi sulla tastiera mentre pompano le drum machine. Il live di Tristano vale da solo il prezzo del biglietto e, nonostante ci siano altre due ore di concerti, decidiamo che per oggi di meglio non si poteva pretendere.

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Day 2 – 14 giugno

Dopo l’anteprima di ieri siamo pronti al tour de force: il Sonar By Day apre a mezzogiorno e chiude alle 22; il By Night apre alle 22 e chiude alle 7 del mattino. Gli spagnoli BeGun hanno l’onere di dare il via alle danze con un inevitabile set lungo oltre due ore che per il momento snobbiamo. Dal canto nostro decidiamo di aprire in maniera alternativa entrando nella sala cinema dove possiamo godere di un delirante cortometraggio della durata di 15 minuti interpretato nientepopodimenoche da Ninja e Yo-landi dei Die Antwoord (gruppo trash new-rave sudafricano del cui live quest’anno sentiamo particolarmente la mancanza). Il film si intitola “Umshini Wam” (“Datemi un mitra” in lingua zulu), una storia d’amore e di morte, decadente e surreale, che chi già conosce i loro lisergici videoclip non faticherà ad apprezzare. Gli altri usciranno dalla proiezione con un immenso punto di domanda e la sensazione di aver sprecato un quarto d’ora della propria esistenza.

Al Complex è il momento dei catalani Jansky: un teatrale duo synth+voce decisamente troppo ambizioso per le tre del pomeriggio. Fuori i BeGun continuano ad intrattenere l’accaldato pubblico con la loro house sognante da pool party, peccato manchi la piscina. Un po’ ci dispiace di averli sottovalutati, pertanto eleggiamo il loro come miglior dj set della giornata. Ci spostiamo quindi al Dome, per ascoltare l’originale mix granulare di Sasha DZA, dalla Russia con furore. Tra house, hip hop, new trance e crunk, il suo deejay set (seppur un po’ tamarro sul finale) ci lascia a bocca aperta – nonché a braccia alzate – per tutto il tempo. Ci ripensiamo ed eleggiamo DZA il migliore di oggi (che volete farci, siamo volubili). Dobbiamo riposarci un attimo ed entriamo in una sala conferenze deserta per sederci. Di lì a poco la nostra quiete sarà turbata a nostra insaputa da tre star di prima grandezza: Richie Hawtin, Luciano e Skrillex eccezionalmente insieme presentano un loro progetto di beneficenza per il Sudafrica.

Sgattaioliamo via: indecisi su dove dirigerci, puntiamo il Sonar Hall. Suona Christeene, una indescrivibile e zozzissima drag queen americana che prende in giro con temibile sfacciataggine la nostra società, ma anche le drag queen che se la credono troppo. Propone un live rap/elettropop con influenze dark/hardcore a luci molto rosse (le sue canzoni si intitolano tipo “African Mayonnaise” e “Tears From My Pussy”). Ammettiamo che ci vuole stomaco ed anche una certa dose di ironia sadomaso per apprezzarla fino in fondo (nonché per vedere le sue parti intime esibite sul palco senza vergogna), ma è sicuramente una delle sorprese della giornata. È ormai tardo pomeriggio: becchiamo di striscio i Sisy Ey, gruppo islandese rivelazione di Sonar Reykjavík che propone interessanti sonorità nordiche, poi ci ricordiamo che ieri a quest’ora avevamo scoperto il talento di Francesco Tristano, pertanto tentiamo nuovamente la carta del Sonar Complex. Che però presenta tal Chris Carlson, uno studente della Stanford University il quale ha progettato un’app per tablet che genera rumori a dir poco fastidiosi. Decidiamo di chiudere il nostro secondo pomeriggio al Sonar imbucandoci in una conferenza dove Google presenta il nuovo prodotto Music+. Stavolta lo facciamo consapevolmente, non tanto per la conferenza in sé (interessante, eh), ma per il buonissimo google-aperitivo che scrocchiamo più che volentieri.

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Night 1 – 14 giugno

E’ giunta l’ora del primo “by night”. Arriviamo un po’ in ritardo, con l’autobus messo a disposizione dall’organizzazione del Sonar (che viene spacciato sempre per gratuito, ma in realtà è a pagamento anche per i possessori dell’accredito). Subito dopo la perquisizione d’ordinanza, ritiriamo i nostri occhialini tridimensionali e ci fiondiamo al Sonar Club, dove è in scena l’atteso comeback dei Kraftwerk con il loro live 3D. Il gruppo tedesco, pioniere dell’elettronica vintage, propone la sua musica sempreverde essenziale e molecolare. Che i Kraftwerk suonino la stessa sera (e sullo stesso palco) di Skrillex non è un caso: l’organizzazione del festival vuole acculturare i più giovani con una lezione di storia della musica. Chi pensa che i deejay moderni abbiano inventato qualcosa, dopo questo concerto ipnotico e modernissimo, nonostante le canzoni di 40 anni fa, deve ricredersi ed ammettere che davvero, in musica, nulla si crea e nulla si distrugge.

Dopo i Kraftwerk attendiamo con ansia i francesi C2C: non saremo certo noi a dirvi che il loro album Tetra è indubbiamente uno dei dischi must-have dell’anno. Il funk e l’hip hop del loro live è veramente trascinante; quando coinvolgono il pubblico nella loro “battle” di turntablism è davvero impossibile resistere e non farsi trasportare dal divertimento. Tra giochi di luce, scratch, sampling, e un gradito tributo ai Beastie Boys, saremmo già soddisfatti e pronti a ritirarci nei nostri appartamenti poiché temiamo che il famigerato live di Skrillex che incombe ci possa guastare il mood positivo. Ma ligi al dovere decidiamo coraggiosamente di buttarci. Il controverso deejay-producer californiano è senza dubbio una delle presenze più scomode e criticate di questa edizione del Sonar. Che il suo live non regali particolari emozioni è cosa già nota. Ma non riusciamo ad essere così snob da negare quello che per affluenza è senza dubbio il successo della serata. Il set è divertente ed energetico, ruffianissimo nell’apertura a base di immagini-cartolina di Barcellona proiettate sui maxischermi. Dalla sua futuristica console che spara raggi laser rossi, Skrillex intrattiene un pubblico perlopiù giovanissimo e che frequenta il suo stesso parrucchiere in debito con Edward Mani di Forbice. I fan dell’autore di “Bangarang” non aspettavano altri che lui e la sua falsamente violenta brostep di plastica. Ormai sono le cinque del mattino e nessuno è più lucido da poter muovere critiche inutilmente testarde od esigere qualcosa di più impegnativo.

(Parte prima – continua)

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About Luca Landoni 20279 Articles
Giornalista pubblicista iscritto all'ODG Lombardia. Amante in particolare di gothic/dark e progressive rock. Ha lasciato il cuore nei Marillion epoca Fish. Contatto diretto: blog@gamefox.it