Zoo di 105: sospensione o depistaggio? Meglio fare del “maniavantismo” prima di uscirne “grossi così”

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SVELATO IL MOTIVO DELLA “SOSPENSIONE” DELLO ZOO

Ieri pomeriggio, presi dalla foga – con la O – abbiamo scritto della sospensione dello Zoo di 105, anticipata da una foto postata su Facebook con la didascalia “Sospesi?”.

La battuta di Marco Mazzoli di lunedì, era molto “esagerata” anche per gli standard del programma, e la sospensione – in 18 anni ce ne sono state per cose molto meno gravi – poteva darsi per scontata, come i rigori per fallo in area nel calcio.

Preso dall’obbiettivo di battere l’eventuale concorrenza, l’autore di queste righe potrebbe esserci cascato – come si dice –  con tutte le suppellettili. In realtà, avendo in testa quella battuta là, è passato di mente un riferimento fatto venerdì da Mazzoli: “Senti questa cosa brutta dobbiamo dirla agli ascoltatori, ma non ho il coraggio“. Paolo: “Vedi che sei stupido? Ce l’ho io l’idea“. e Fabio: “Dobbiamo andare in campeggio per salvare la tigre bianca che si sta estinguendo”.

Tralasciando il linguaggio “in codice”,  l’idea della battuta sul Pontefice  – che lo consideriate un’autorità o meno – potrebbe anche essere statadi Paolo Noise. Comunque, sulla pagina del programma continua la “linea” della sospensione, con tanto di Paolo che rimprovera il conduttore di essere tornato in Italia per provocare la sospensione e lasciare il gruppo senza stipendio.

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A differenza del  periodo del finto scandalo per promuovere il film un anno fa che vedeva Mazzoli andare a trans – tutti i maggiori rotocalchi se l’erano bevuta ma non Radiomusik.it, questa volta la fretta potrebbe aver portato ad un errore di valutazione. Stiamo a vedere: questo  è quanto dovuto: chi scrive lo fa con la massima onestà, ma umanamente l’infallibilità non è prevista ed è stato meglio rimediare.

Poi ci sarà il solito social-spaccone che accuserà di aver scritto questo pezzo per acchiappare click. Andasse a prendersela con WordPress, o direttamente con chi ha inventato internet. Anche qui si possono commettere errori, ma mai – come capita altrove – si creano  “fake news”, è una questione di deontologia. Una volta rimediato all’eventuale errore, la coscienza dell’autore è a posto poi, se andiamo a vedere, ci sono fior di analisti che davano per scontata la sconfitta di Donald Trump, e signori politologi che ad un’ora dall’inizio del “golpe” in estate in Turchia, davano Erdogan per finito. Sappiamo com’è andata.

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Stefano Beccacece (On Twitter @Cecegol)

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Stefano Beccacece nasce nel 1985 a Torino. Sino a pochi anni fa poeta - ha pubblicato due raccolte tra il 2006 ed il 2010 - ora fa prevalentemente il blogger. Dal 2012 scrive di calcio e mass media. Su Radiomusik potete leggerlo prevalentemente nella sezione "Radio News".